RECENSIONI - THE ZEN CIRCUS: "Il Male" (Carosello Records, 2025) / di Vanni Sardiello
Un disco che non consola, ma ti tiene compagnia nella parte più vera di te. Scrivere di un nuovo disco degli Zen Circus non è mai una cosa semplice, soprattutto per chi come me ha con loro un legame che va oltre l’ascolto. Non ci vediamo da un po’, ma le radici comuni ci sono. Vivevo a Pisa quando loro suonavano per strada, chitarre sgangherate e voce che grattava il cemento, tra sudore, sigarette e sogni sporchi. E con Karim ci ho anche suonato fianco a fianco per cinque anni, nei Lillayell - io alla batteria, lui voce e chitarra. Ma questa è un’altra storia. E oggi parliamo di "Il Male", tredicesimo album della band uscito il 26 settembre 2025 per Carosello Records. Perché se c’è un momento in cui serve mettere da parte la nostalgia, è proprio questo. Perché questo disco lo merita. Undici pezzi. Nessun filtro. Nessuna scusa. Il Male non è solo il titolo dell’album. È il protagonista. Undici brani che non lo raccontano per esorcizzarlo, ma per guardarci dentro. Una presa di coscienza collettiva, un manifesto di carne viva che parla del dolore, della disillusione, della rabbia e della stanchezza di una generazione — la nostra. “Hai visto quanto siamo sani? E quanto questo ci rende disumani?” — canta Appino nella title track, e già lì capisci che sarà un viaggio senza cintura di sicurezza..Il disco non si sforza di piacere. Non cerca scorciatoie. Rifiuta i compromessi produttivi, le correzioni digitali, l’ossessione per il suono “pulito”. Qui c’è urgenza, non estetica. E si sente.
Vecchie troie e coscienze nuove. Vecchie troie è il centro nervoso dell’album. Una riflessione amara, autocritica, che parla di tempo che passa e illusioni che svaniscono. Non c’è più spazio per la nostalgia: ora c’è la consapevolezza di aver raddoppiato quei vent’anni cantati una vita fa. E non è detto che faccia meno male. Poi arriva Novecento, e lì entri nel parco giochi disturbante del secolo scorso, tra orrori e trash, Hitler e Jovanotti, Putin e Gerry Scotti. Un flusso che sembra nonsense ma è chirurgico. Una satira che non salva nessuno, nemmeno noi stessi. Tra malinconie private e schiaffi pubblici. In mezzo al caos, però, Il Male trova spazio anche per farsi intimo. Meglio di niente e Un milione di anni sono le ballate che non ti fanno piangere sul momento, ma ti si attaccano addosso e ti sussurrano all’orecchio nei giorni storti. Parlano della paura di sparire, di non lasciare traccia, di quei legami che sfumano nel silenzio. E non c’è dramma nella narrazione: c’è verità. Che è anche peggio. Ma più utile. Punk senza trucco, né inganno. Musicalmente, il disco è tutto fuorché levigato. Le chitarre graffiano, la voce cigola, la batteria spinge senza chiedere permesso. Miao e Virale fanno male e fanno bene, come quando urli in macchina da solo per liberarti la testa. La produzione è volutamente “sporca”, viva. Non si nasconde dietro compressori e pettinature digitali. Il Male è imperfetto, ma respira. E in un’epoca dove tutto dev’essere “instagrammabile”, questo vale oro. Il dolore? Sta in vetrina, come tutto il resto.
La copertina è satira allo stato puro. Sfondo rosa, font secco, illustrazione vintage di Enzo Sferra: il dolore confezionato come un prodotto da scaffale. Geniale. Cinica. Vera. Perché oggi anche la sofferenza si vende. Ma loro non te la vendono: te la sbattono davanti, e poi si voltano. Fatti tu i conti.
Conclusione (se vogliamo chiamarla così)
Non so se sia il loro disco più importante, o il più riuscito — ma so che è quello che oggi serviva. A loro. E anche a noi. Non ti offre risposte. Non ti consola. Ma ti accompagna. Ti riconosce. Ti dice, in fondo: “Ehi, sei ancora umano. Va bene così. Anche se fa male.” Lunga vita al Circo Zen. Che ci fa ancora tremare. E, se serve, anche a pezzi.
Ascolta "Il Male" https://youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_lmMUELLEbXu9erYfVE2k-sij5-ShVH2QQ&si=s0dmXip049nB_rqX
The Zen Circus https://www.thezencircus.it/
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Un milione di anni https://youtu.be/fE3MXIWNd4Y?si=XNhQEWIW_2FlT8TL



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