RECENSIONI - HEARTWORMS: "Glutton for Punishment" (7 Febbraio 2025, Speedy Wunderground) Danzare sul filo del rasoio / di Vanni Sardiello
Jojo Orme non scrive canzoni. Fa esorcismi. Con "Glutton for Punishment", l’attesissimo debutto degli Heartworms, tira fuori dal buio tutto quello che brucia sotto pelle e lo mette su nastro. Il risultato? Un disco audace, disturbante, affilato ma anche incredibilmente coinvolgente. Un ibrido elegante di goth, post-punk, elettronica e pop distorto, che non ha paura di sporcarsi le mani...né l’anima. Glutton for Punishment non è solo un titolo. È una confessione, una condanna, un memento mori con eyeliner sbavato. Jojo l’ha spiegato chiaramente: "essere ghiotti di punizione vuol dire scegliere il sentiero più tortuoso, quello che ti spacca in due ma ti fa sentire vivo". Una roba che non suona come marketing, ma come verità nuda e cruda, e nell’album questa idea risuona forte, in ogni traccia.
L’apertura In The Beginning è un intro ambient cupo e misterioso. Sembra l’alba di un rito. Poi parte Just To Ask A Dance, e qui siamo già nel cuore pulsante del progetto: un pezzo potentissimo, che unisce dance industriale, archi drammatici e un ritornello da urlo. È l’inizio perfetto per un disco che ti prende a schiaffi e ti accarezza subito dopo. Il singolo Jacked pesta duro: chitarre che grattano l’asfalto, basso minaccioso e un mood post-punk/electro-goth che richiama gli anni ’80, ma con una grinta tutta 2025. Poi arriva Mad Catch, e l’album cambia pelle: basso funky, synth nervosi e un testo spietato sugli appuntamenti online, una piccola gemma di sarcasmo contemporaneo. Extraordinary Wings è forse uno dei vertici emotivi: un brano anti-bellico che parte come un lento jazz fumoso da club e si trasforma in una discesa morale verso l’oscurità.
L’ossessione di Orme per la storia militare emerge in Warplane, dedicata a un pilota dello Spitfire morto in battaglia: brano epico, commovente, con una tensione narrativa quasi cinematografica. Il lato più pop (ma sempre nero come la pece) arriva con Celebrate, tra scintille elettroniche e atmosfere da ballo post-apocalittico. Smuggler’s Adventure, invece, è una confessione diretta: sei minuti tra grunge e indie rock, in cui Orme parla della disconnessione con sua madre, senza filtri, senza rete. A chiudere, Glutton for Punishment, title track acustica e fragile, che riprende il ritornello iniziale (“All I want to do is dance”) e lo ribalta in chiave malinconica. Un cerchio che si chiude con grazia disarmante.
Prodotto da Dan Carey (già al lavoro con Wet Leg, Black Midi, Squid), il disco suona perfetto: stratificato, sporco dove serve, levigato nei dettagli. Un’opera coerente, visionaria, e soprattutto personale. Lì dentro c’è tutto: traumi d’infanzia, amori malati, guerra, alienazione, ossessione, e quel bisogno disperato di danzare sul caos. Glutton for Punishment non è solo un debutto. È un grido liberatorio, un abbraccio tossico, una danza nel buio con gli occhi ben aperti. E Jojo Orme? Una nuova sacerdotessa del disagio, e non potremmo esserne più felici.
Ascolta "Glutton for Punishment"
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