RECENSIONI - the INFRAMEN: "Zero Gravity Toilet" (2025, TheKidsAreAlright/Dcave Records) - Una trasmissione lunare in diretta dal sottosuolo / di Vanni Sardiello
C’è chi scrive concept album sul dolore, chi sulla noia... e poi ci sono the Inframen, che s’inventano un’odissea lunare trasmessa in bassa fedeltà da una TV dimenticata in un autosilo. Il loro nuovo lavoro, "Zero Gravity Toilet", è tutto fuorché convenzionale. È un disco sporco, rumoroso, lo-fi fino al midollo... ma con un'identità fortissima, incollata addosso come una tuta spaziale rattoppata. E fidatevi: qui nessuno ha tempo per la gravità – né per le regole.
Un concept fuori orbita
Ok, facciamola semplice: Zero Gravity Toilet è un viaggio lunare. Ma non quello patinato, alla Interstellar o 2001. Qui si viaggia tra interferenze radio, SOS dimenticati, suoni slabbrati e frequenze disturbate. Una missione spaziale raccontata come se fosse stata trasmessa alle 3 di notte su una TV analogica... e con l'audio passato prima in lavatrice. Il tutto costruito attorno a tracce che sembrano collage sonori post-apocalittici, ma con una punta d’ironia da cartone animato sovversivo.
Il titolo stesso è già un manifesto: Zero Gravity Toilet — ovvero la perfetta sintesi tra l’epica sci-fi e la brutalità prosaica del quotidiano. Cioè: puoi anche essere nello spazio, ma prima o poi devi comunque andare in bagno. E magari lo fai in un parcheggio, come suggerisce la genesi della title track. Geniale? Forse. Sfacciato? Assolutamente sì.
Foto di Roberto Biondi
Garage noise, lo-fi e viaggi astrali (ma ubriachi)
Il duo barese - Robert Parker (a sinistra nella foto) e dAs Ret - pesta forte sui pedali del disturbo: chitarra basso fuzzato (Robert Parker), batteria (dAs Ret) che batte come un cuore in fibrillazione, voci filtrate come grida d’aiuto perse nello spazio. Ma c’è metodo in questa follia: nonostante l’approccio apparentemente sgangherato, gli Inframen sanno benissimo cosa stanno facendo. Le strutture sono solide, i momenti di improvvisazione sono chirurgici, e la coerenza sonora è spiazzante.
Brani come Tycho I ti buttano subito dentro con rumori da stazione lunare abbandonata. Fuzz Aldrin (sì, proprio lui) è una scheggia di sarcasmo garage punk — il secondo uomo sulla Luna diventa il primo a inciampare nel ridicolo cosmico. Poi arriva Houston, We Are Drunk! e lì si capisce tutto: la missione è andata completamente fuori rotta... e noi con loro. Sembra una festa in una navicella depressurizzata, dove l’unica cosa che resta a galla è l’assurdo.
C’è anche spazio per momenti più “lunari” in senso stretto. Crater Of Eternal Darkness è una suite densa, lisergica, che si muove lenta come la polvere su un satellite dimenticato. Oppure Moon's Made Of Green Cheese, dove tra ritmi ossessivi e visioni da fumetto sci-fi spunta persino un sassofono. Il tutto chiuso da un remix alieno a cura di ADEICO che sembra un glitch trasmesso da un altro sistema solare.
Una crew da cargo spaziale lo-fi
Il disco è stato registrato in quel paradiso della bassa fedeltà che è l’Autosilo Poggiofunky di Bari. Mixato da Lorenz Van FünJ e prodotto da TheKidsAreAlright/Dcave Records, l’album suona come dovrebbe suonare: sporco, storto, ma incredibilmente vivo. Le collaborazioni poi arricchiscono la tavolozza: percussioni extraterrestri di Vincenzo “JJ Springfield” Dalessio, voci deformate di Lorenzo “FUNJ” Signorile, visioni sonore e visive che completano l’universo narrativo.
Niente comfort zone, solo orbite instabili
Gli Inframen non cercano di piacere. Non cercano nemmeno di essere capiti del tutto. E questa è la loro forza. Laddove altri si incasinano per sembrare alternativi, loro ti buttano addosso un disco che sembra partorito da un’intelligenza artificiale impazzita… o da due umani stufi delle solite pose indie. È un album che destabilizza, spinge fuori asse l’ascoltatore, un po’ come quando perdi il segnale col telecomando ma continui a guardare perché qualcosa ti affascina.
E sì, è vero: non è per tutti. Ma chi è abituato a navigare nei mari agitati del noise, del garage-punk, del math rock improvvisato con la radio sintonizzata su Marte... beh, avrà pane per i suoi denti.
Foto di Michele Petrelli
In conclusione? Un salto nel vuoto... col sorriso
Zero Gravity Toilet è un disco da ascoltare a volume criminale, preferibilmente da sdraiati sul pavimento con le luci spente e un casco da astronauta immaginario in testa. È un’esperienza più che un semplice album, un delirio organizzato, un salto nel vuoto spinto da un razzo arrugginito e alimentato a sarcasmo. Folle, divertente, sporco, originale... e soprattutto: diverso da tutto il resto.
Bandcamp
https://theinframenpowerduo.bandcamp.com/album/zero-gravity-toilet
The INFRAMEN
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