RECENSIONI - THE MURDER CAPITAL: "Blindness" (2025, Human Season Records) / di Vanni Sardiello
Ci sono dischi che ascolti e pensi: bello, interessante, magari lo riascolto… e poi ci sono quelli che ti prendono alla gola, ti scuotono, ti costringono a stare lì, inchiodato, con il cuore che accelera e la pelle che vibra. "Blindness", il terzo album dei The Murder Capital uscito il 21 Febbraio 2025, è uno di questi. Dopo la parentesi più riflessiva e stratificata di "Gigi’s Recovery", la band irlandese torna a sporcarsi le mani, a buttarsi nella mischia senza troppe sovrastrutture. Se nel secondo disco c’era il tentativo di addomesticare il caos, qui c’è il suo trionfo. Blindness è fuoco e ossigeno, è un ritorno all’essenza brutale del post-punk, a quella furia primordiale che aveva reso "When I Have Fears" un manifesto di disperazione giovanile. Ma attenzione, non è un remake, né un’operazione nostalgia. È un album che prende il meglio dell’energia abrasiva degli esordi e la restituisce con una consapevolezza nuova, più matura, più affilata. Se prima la rabbia era un grido scomposto, ora è una lama ben affilata.
Il primo impatto con Blindness è un cazzotto a freddo. Moonshot apre le danze senza preavviso: chitarre serrate, batteria che martella con la precisione di un’esecuzione, la voce di James McGovern che arriva torva, senza pietà. Non c’è tempo per ambientarsi: è come svegliarsi nel mezzo di una tempesta senza nemmeno sapere dove ti trovi. La band sembra aver ritrovato quella urgenza espressiva che in Gigi’s Recovery era stata incanalata in strutture più complesse e riflessive. Qui invece tutto è immediato, diretto, come se ogni brano fosse stato scritto di getto, suonato fino allo sfinimento e poi registrato senza troppi ritocchi. Il risultato? Un disco vivo, pulsante, che sembra pronto a esplodere in ogni momento. C’è una fame in Blindness, una sete di significato che emerge nei testi e nelle atmosfere. Words Lost Meaning è forse l’esempio più chiaro: un pezzo che suona come una corsa disperata, in cui McGovern riflette sull’uso vuoto delle parole, sulla loro perdita di peso nel rumore di fondo della vita moderna. Il ritornello è quasi uno sfogo, un’implorazione: le parole dovrebbero significare qualcosa, cazzo! Ma la vera stoccata arriva con Love of Country, un brano che mescola amarezza e furia, un lento crescendo che porta a un’esplosione di consapevolezza: il patriottismo può essere veleno, la fedeltà alla terra può trasformarsi in odio verso l’altro. "Could you blame me for mistaking your love of country for hate of men?..." canta McGovern, con un’intensità che fa venire la pelle d’oca. È una canzone politica senza essere predicatoria, un manifesto d’accusa che ti si stampa in testa e non se ne va più. E poi c’è Swallow, una delle tracce più ipnotiche del disco. L’atmosfera si fa più rarefatta, ma l’intensità non cala. È uno di quei pezzi che ti avvolgono lentamente, come un abbraccio che diventa una presa sempre più stretta, fino a lasciarti senza fiato. Qui i Murder Capital dimostrano di non essere solo un gruppo che urla e pesta, ma di saper costruire tensioni emotive devastanti anche senza bisogno di alzare i volumi.
Ciò che rende Blindness così potente è il suo rifiuto della perfezione. Se Gigi’s Recovery cercava una costruzione sonora elaborata, qui la band sembra voler scardinare ogni struttura troppo rigida. Il disco suona grezzo, diretto, quasi sporco, e questa è la sua forza. Non c’è paura di sbagliare, di suonare fuori dai binari, di lasciare che la musica prenda il sopravvento sulle regole. Ed è proprio questa libertà che lo rende così vivo. Blindness non è un disco che ti prende per mano: ti spinge in mezzo al traffico, ti sbatte contro il muro e ti costringe a guardare negli occhi la tua stessa inquietudine. È un album fatto di carne e nervi, che pulsa e sanguina. Con Blindness, i Murder Capital hanno fatto la scelta più difficile: non accontentare nessuno, nemmeno se stessi. Hanno rinunciato alla levigatezza del secondo album per tornare a qualcosa di più crudo, più istintivo, più vero. Non è un disco comodo, non è un disco che puoi mettere in sottofondo mentre fai altro. È un disco che ti chiede attenzione, che pretende di essere ascoltato fino in fondo. E alla fine, quando l’ultima nota si spegne, ti lascia lì, con il cuore che batte forte e la sensazione di aver attraversato qualcosa di importante. Forse non sarà il loro album più sofisticato, forse qualcuno lo troverà troppo sporco, troppo istintivo, troppo caotico. Ma per chi ama la musica che non fa sconti, che scava nelle viscere, che urla perché ha qualcosa da dire Blindness è tutto ciò che potevamo sperare. E forse anche di più.
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