DITZ: "Never Exhale" (2025, Not On Label/Self-released) / 'Un pugno nello stomaco, ma con stile' - di Vanni Sardiello
Se c’è una cosa che i DITZ sanno fare bene, è il rumore. Ma non il rumore qualsiasi, di quello che riempie il vuoto senza dire nulla. Il loro secondo album, "Never Exhale", è un’onda d’urto controllata, un viaggio claustrofobico nel post-punk più abrasivo e nevrotico. Un disco che non lascia tregua, che non scende a compromessi, che ti afferra per il bavero e ti scuote fino a farti perdere l’equilibrio. Una corsa a perdifiato senza possibilità di riprendere fiato, e non è un caso che il titolo suoni come un consiglio non proprio rassicurante.
DITZ, tra Brighton e l’apocalisse sonora
Per chi non li conoscesse, i DITZ sono cinque loschi figuri di Brighton che dal 2016 fanno della cacofonia la loro religione. Post-punk, noise rock, un pizzico di hardcore e un’attitudine che sta a metà tra il nichilismo e l’ironia sferzante. Dopo il debutto "The Great Regression" (2022), che li ha messi sulla mappa delle band più chiacchierate del sottobosco alternative, tornano con un disco più feroce, più cupo, più estremo. Se il primo lavoro aveva ancora qualche tentennamento, Never Exhale è un calcio nel petto senza preavviso. Registrato di corsa, tra un tour e l’altro, e prodotto da Seth Manchester (già dietro ai suoni ruvidi di Lingua Ignota e Model/Actriz), l’album suona urgente, compatto, feroce. Dieci tracce per 40 minuti di puro caos controllato. Nessun riempitivo, nessuna ballata per alleggerire il peso. Solo tensione, angoscia e quel pizzico di ironia velenosa che rende i DITZ unici.
Never Exhale
L’apertura è affidata a V70, un’intro strumentale che più che un brano sembra una minaccia sonora: rumori meccanici, chitarre che stridono come lamiere contorte, una tensione che monta… e poi esplode con Taxi Man, un pezzo che ti spara addosso tutto in una volta: riff mastodontici, batteria che sembra schiantarsi da un momento all’altro, e il cantante Cal Francis che alterna urla e parlato con quella nonchalance da serial killer annoiato. Una discesa negli inferi con lo stile di un autista di Uber che guida con un occhio chiuso. Da qui in poi il disco non rallenta. Space/Smile è un viaggio paranoico tra basse frequenze che vibrano nello stomaco e voci filtrate che sembrano trasmissioni radiofoniche da un bunker sotterraneo. Señor Siniestro ti prende a schiaffi con un groove martellante e ripetitivo, mentre God on a Speed Dial sembra scritta per farti sudare freddo: riff ossessivi, urla che sprofondano nel mix e un crescendo finale che fa venire voglia di spaccare qualcosa (metaforicamente… o forse no).
Cal Francis non è un cantautore da rime raffinate. È più un cronista del disagio. Le sue liriche sono sarcastiche, surreali, a tratti completamente insensate…ma sempre evocative. Taxi Man sembra parlare di un autista di cab poco raccomandabile che giudica la tua vita più di quanto faresti tu stesso. The Body As A Structure riflette sulla dissociazione dal proprio corpo, mentre God on a Speed Dial.è una specie di delirio sull’abuso di potere e la fede usata come hotline di emergenza. Il tutto detto con la noncuranza di chi sa che il mondo sta bruciando e ha deciso di godersi lo spettacolo. Never Exhale non è un album per tutti. È sporco, abrasivo, scomodo, soffocante. Ma è esattamente ciò che i DITZ volevano fosse. Se ami il noise rock che ti prende a pugni senza chiedere scusa, questo disco è per te. Se invece cerchi melodie rassicuranti e una produzione levigata… forse è meglio girare alla larga. Qui dentro c’è solo rumore, sudore, ansia e uno strano senso di libertà.
Ditz
Never Exhale
Taxi Man
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