RECENSIONI - NIGHTVISIONS: The Space You Left (Autoproduzione, Dicembre 2024)

Nightvisions è un collettivo di musicisti sparsi per lo stivale e coordinati da Roberto Remondi anch'egli musicista e ingegnere del suono. Hanno all'attivo un precedente doppio album e una serie di singoli. La seconda fatica attualmente on line è "The Space You Left". Cosa è il sacro? Per me il sacro è la bellezza. La pazzia è contagiosa e gli amici sono provvidenziali. E così Roberto Remondi (che canta e suona batteria basso e tastiere) si mette a produrre musica, aiutato da amici, sul tema del sentirsi perso nella sua assenza, assenza di chi? Della persona amata, dell'amore perduto, della solitudine e quindi dell'idea di felicità che può dare riversare tutto questo in musica. I primi tre pezzi dell'album ti immergono nell'atmosfera, si imprimono nella memoria, si inizia con la nota sospesa di My Hollow Chest e poi il lento incedere del brano dal sapore dark vince la paura di aprire gli occhi. Potrebbe essere un po' come "Songs of the lost world" dei Cure, o come degli AltJ più rockeggianti, brani lenti, malinconici ma su basi più elettroniche con le chitarre di Edoardo Nazzarri e Nicola Tomas Moro che aggiungono calore. Si arriva a Love's Aftermath uno dei fulcri del disco, una tempesta quieta, aggrapparsi con tutte le forze ad un tronco in mezzo alle rapide. Brani costruiti bene, ritornelli coinvolgenti, pause strumentali, piano e forte dosati. E Tell me why che sembra proprio uno di quei brani allegri usciti dalla penna di Robert Smith, quindi ritmati e quasi ballabili, ma sempre intrisi di malinconia, con un arpeggio di chitarra quasi Johnny Marr. In mezzo al disco The Space you left, un brano ghiacciato come la Svezia di Fever Ray, con una chitarra che sembra emergere dal centro della terra, uscita dal "Live at Pompei" dei Pink Floyd. A questo punto, una ballata folk, quasi una parabola sul lato perfido di Cupido che invece di fare innamorare, uccide tutti i sogni d'amore, visualizzata con un bellissimo video di un vecchio cartone animato su YouTube. Qualche volte l'arte può essere eroica e A bittersweet ache è marziale nel suo incedere, sembra un tentativo di rialzare la testa e termina con un assolo fulminante di Nicola Tomas Moro. Too late too deep si avvicina quasi ai Depeche Mode, ed è formidabile nei suoni e in un bel ritornello. Poi l'ultima canzone My Dead love, l'amore è morto ma la musica è rilassata, distesa, si appoggia su un ritmo quieto, rilassato, con un cambio di tonalità stupendo sul finale e un ritornello "The sound of my dead love for you" che scrive la parola fine. Un disco riuscito, sia nell'unità dello stile, sia per il tema trattato, che non annoia dall'inizio alla fine, perchè la bellezza è sacra.

Nino Colaianni 


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